venerdì 13 aprile 2012

Tra il dire e il fare

La settimana scorsa sul Venerdì di Repubblica è uscito questo articolo che mi ha fatto incazzare.
In breve nell'articolo si racconta di come, a Padova, anche alle mamme adottive sia possibile allattare il proprio bambino grazie tra l'altro all'impiego di un dispositivo che utilizza il latte materno messo a disposizione da mamme donatrici.
Ora, io a Padova ci ho partorito e la realtà ospedaliera l'ho vissuta sulla mia pelle.
Bi è nata in un giorno di baby boom, c'era talmente tanta gente che non c'erano nemmeno i letti sufficienti.  Per cui Bi dopo la nascita è andata al nido nell'edificio A, mentre io e come me molte altre mamme, visto che i letti dell'edificio A erano esauriti siamo state mandate, dopo ore di attesa su una barella fuori dalla sala parto, all'edificio B.
Impossibile raggiungere dopo il parto sulle proprie gambe l'edificio A, carrozzine: zero, infermieri accompagnatori: zero. Risultato: mia figlia ha trascorso la sua prima notte in questo mondo da orfanella ed io l'ho rivista dopo 24 ore dal parto.
Ma non raccontavano ai corsi pre parto che  i momenti subito dopo la nascita sono importantissimi per il legame madre-figlio, che si fa di tutto per favorire l'attaccamento al seno sin dal primo istante, ecc ecc ecc...
Ecco, sono balle.
La realtà fa i conti con strutture inadeguate per capienza, con poco personale, che va veloce per stare dietro a tutti.
Ma non era di questo che volevo parlare, l'articolo tratta dell'allattamento ed era su questo argomento che volevo dire la mia. 
Io già prima di partorire sapevo di avere dei capezzoli "complicati" che non avrebbero favorito l'allattamento ma avevo letto che comunque non sarebbe stato impossibile. Così, dopo 24 ore, non appena raggiunto il nido e la mia piccolina, ho chiesto aiuto per attaccarla e la prima infermiera  con cui ho avuto a che fare mi ha gentilmente risposto: " Bè la attacchi, non sa dove son le tette?" Brutta stronza, avrei dovuto risponderle e invece ho abbozzato e sono andata nella mia stanzetta appena assegnata, dove con il Franz, altre tre mamme e i loro rispettivi mariti, in una situazione quindi di delicata privacy, ho provato ad attaccare Bi per la prima volta.
Ricordo il Ciaf Ciaf Ciaf rumore di neonato famelico non correttamente attaccato al capezzolo.
In quei tre giorni in ospedale ho chiesto aiuto più volte e ho trovato anche qualche  persona valida e disponibile, ma sempre di fretta, poi finiva il turno, arrivava un 'altra  e si ripartiva da capo. Non è stato bello.
Le tette nel frattempo si erano ricoperte di piaghe sanguinolenti, quindi latte artificiale per Bi e per me tiralatte ogni tre ore da cui... non usciva niente.
Il motivo del mio giramento di palle al leggere l'articolo a questo punto è evidente, ben venga la scienza che permette anche alle mamme adottive di vivere l'esperienza intensa dell'allattamento, ma perché io, che ho partorito normalmente, sono stata trattata in modo sbrigativo e superficiale, quando sarebbe forse bastato solo un po' di tempo in più.

La vera svolta per me è stato il consultorio, a cui mi sono rivolta una volta tornata a casa.
Al consultorio, che è una struttura sanitaria che funziona,altro che il grande ospedalone, ho incontrato la Signora Minù 
che mi ha presentato i paracapezzoli  della Medela e ha dedicato qualche minuto a me e alla mia piccola, superando il problema della tetta complicata. Con i paracapezzoli Bi si è attaccata perfettamente...  restava solo il problema del poco latte.
La routine del nostro primo mese insieme era fatta di tetta, biberon e poi tira latte, tra una poppata e l'altra restava veramente poco tempo per fare altro. Il latte era sempre pochissimo e della montata lattea non c'è stata traccia, nessuna sensazione di calore e di tette enormi. Nonostante ciò io volevo allattare per cui sono andata avanti il più possibile grazie anche al fatto che Bi era bravissima e ciucciava qualsiasi cosa senza far distinzione tra paracapezzolo e biberon. Ad un certo punto  però ha smesso di collaborare, dopo poche ciucciate alla tetta vedendo che non usciva quasi nulla iniziava a piangere.
Situazione molto frustrante e per nulla gratificante.
Così dopo un mese e mezzo abbiamo messo da parte la tetta e siam passati al solo biberon. Da un lato una liberazione, dall'altro rimane un po' di amarezza perché poteva andare diversamente, chissà.